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Ogni qual volta, infatti, la Bibbia accenna alla grandezza degli uomini utilizza espressioni che ne sottolineano la limitatezza: grande al cospetto di Dio o grande al cospetto degli uomini. La grandezza umana è sempre relativa, cioè limitata a qualche aspetto. Viceversa, quando nel linguaggio biblico si parla della grandezza di Dio, essa viene affermata in modo assoluto, attraverso l'aggettivo "grande", con l'esclusione di altri particolari. Gesù è detto, quindi, grande della grandezza di Dio e, inoltre Egli è chiamato "Figlio dell'Altissimo", il che equivale a: Egli è Figlio dell'Altissimo.
L'affermazione: "Il Signore gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine", sottolinea la dignità messianica del bambino e il carattere eterno della sua missione.
Infine il testo dice che Egli è il Salvatore. Il nome Gesù che l'angelo suggerisce significa, infatti, "Dio salva". Si può facilmente intuire la ricchezza cristologica del brano. Esso richiama i principali aspetti della persona di Gesù e della sua missione.
Un filo conduttore unisce le varie componenti del mistero di Cristo: Egli è il grande dono di Dio agli uomini. Il Padre realizza in Lui la promessa veterotestamentaria della salvezza e la offre a ogni uomo. Il racconto dell'annunciazione esprime, innanzitutto, l'identità di Gesù Cristo nella sottolineatura della dimensione dono che caratterizza la sua presenza in mezzo agli uomini.
La ricchezza del brano non finisce però qui. Esso contiene, sempre in un quadro di sintesi, temi mariani. Maria è la tutta santa, è vergine, è la madre del Salvatore, è l'espressione della fede, vale a dire dell'accoglienza di Gesù da parte dell'umanità.
Infine, ella coopera attraverso un ruolo attivo all'opera salvifica degli uomini.
Le parole con cui la ragazza di Nazareth esprime il suo consenso all'annuncio dell'angelo: "Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto", non sono, principalmente, una confessione di umiltà. Esse esprimono l'abbandono della fede alla volontà del Signore e la consapevole, libera consacrazione all'opera salvifica degli uomini. Maria si colloca quindi nella linea di Abramo, di Mosè e dei Profeti che la Bibbia qualifica come "servi di Dio".
La percezione in queste verità sfocia spontaneamente in una duplice riflessione. Emerge, innazitutto, la delicatezza di Dio il quale, in Maria, rende l'umanità corresponsabile della propria salvezza.
L'uomo è destinatario dell'opera salvifica di Dio e, nel medesimo tempo, è chiamato a collaborare con il Signore alla sua realizzazione. La seconda riflessione concerne la figura di Maria. Tutto in Lei è dono e, di conseguenza, la sua celebrazione non attenua l'opera centrale di Gesù Cristo, al contrario essa esalta l'iniziativa libera e gratuita di Dio.
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