L'annuncio dell'angelo a Maria
(Lc 1,26-38)


Una pagina carica di mistero, intrisa di poesia, ma soprattutto permeata di verità, le quali svelano il volto di Dio e tracciano il vero destino dell'uomo.
Luca colloca l'annuncio a Maria nel tempo, sei mesi dopo l'annuncio della nascita di un altro bambino, Giovanni Battista, e nello spazio, Nazareth, un minuscolo villaggio agricolo della Galilea, senza fama, senza storia, mai citato nelle scritture veterotestamentarie. Egli vuole sottolineare, nella fedeltà al dato storico, la concretezza degli interventi di Dio.
Le verità accolte nella fede non sono affermazioni teoriche, ma eventi operati dal Signore nel tempo e nello spazio degli uomini. A Nazareth, come scrisse il filosofo danese S. Kirkegaard, "i due mondi da sempre separati, il divino e l'umano, sono entrati in collisione in Cristo. Una collisione non per un'esplosione, ma per un abbraccio".
L'angelo Gabriele, segno del mistero di Dio, interviene nella vita di una ragazza di nome Maria e le annuncia un evento che la strappa ai suoi sogni e la coinvolge direttamente nell'opera salvifica degli uomini.


L'evangelista descrive questo incontro ricorrendo a una forma letteraria, il racconto di annunciazione, che, nel linguaggio biblico, è comune per esprimere esperienze eccezionali di Dio, nelle quali una persona viene chiamata a un compito particolare nell'ambito della storia della salvezza. Gli elementi dello schema dei racconti di annunciazione sono i seguenti: apparizione di un angelo e formula di saluto, reazione di timore della persona eletta e rassicurazione da parte dell'inviato celeste ("ella rimase turbata... non temere Maria, perché hai trovato grazia presso Dio"), il grande annuncio che costituisce lo scopo dell'apparizione ("concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù... sarà grande e regnerà per      sempre"), obiezione della persona ("come è possibile? Non conosco uomo"), il segno, il quale garantisce che il messaggio viene da Dio e perciò si realizzerà (il concepimento di Giovanni da parte della cugina Elisabetta) e, infine, la sottomissione della persona scelta ("eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto").
Il racconto, nella sobrietà che lo caratterizza, esprime, innanzitutto, l'identità di Gesù. Egli è uomo, viene infatti concepito, nascerà e porterà un nome che è comune nell'ambito ebraico, ma è pure Figlio di Dio: "Sarà grande e chiamato Figlio dell'Altissimo" (Lc 1,32). L'affermazione dice alcune prerogative divine del bambino annunciato.


 

 


Ogni qual volta, infatti, la Bibbia accenna alla grandezza degli uomini utilizza espressioni che ne sottolineano la limitatezza: grande al cospetto di Dio o grande al cospetto degli uomini. La grandezza umana è sempre relativa, cioè limitata a qualche aspetto. Viceversa, quando nel linguaggio biblico si parla della grandezza di Dio, essa viene affermata in modo assoluto, attraverso l'aggettivo "grande", con l'esclusione di altri particolari. Gesù è detto, quindi, grande della grandezza di Dio e, inoltre Egli è chiamato "Figlio dell'Altissimo", il che equivale a: Egli è Figlio dell'Altissimo.
L'affermazione: "Il Signore gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine", sottolinea la dignità messianica del bambino e il carattere eterno della sua missione.
Infine il testo dice che Egli è il Salvatore. Il nome Gesù che l'angelo suggerisce significa, infatti, "Dio salva". Si può facilmente intuire la ricchezza cristologica del brano. Esso richiama i principali aspetti della persona di Gesù e della sua missione.
Un filo conduttore unisce le varie componenti del mistero di Cristo: Egli è il grande dono di Dio agli uomini. Il Padre realizza in Lui la promessa veterotestamentaria  della salvezza e la offre a ogni uomo. Il racconto dell'annunciazione esprime, innanzitutto, l'identità di Gesù Cristo nella sottolineatura della dimensione dono che caratterizza la sua presenza in mezzo agli uomini.
La ricchezza del brano non finisce però qui. Esso contiene, sempre in un quadro di sintesi, temi mariani. Maria è la tutta santa, è vergine, è la madre del Salvatore, è l'espressione della fede, vale a dire dell'accoglienza di Gesù da parte dell'umanità.
Infine, ella coopera attraverso un ruolo attivo all'opera salvifica degli uomini.
Le parole con cui la ragazza di Nazareth esprime il suo consenso all'annuncio dell'angelo: "Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto", non sono, principalmente, una confessione di umiltà. Esse esprimono l'abbandono della fede alla volontà del Signore e la consapevole, libera consacrazione all'opera salvifica degli uomini. Maria si colloca quindi nella linea di Abramo, di Mosè e dei Profeti che la Bibbia qualifica come "servi di Dio".
La percezione in queste verità sfocia spontaneamente in una duplice riflessione. Emerge, innazitutto, la delicatezza di Dio il quale, in Maria, rende l'umanità corresponsabile della propria salvezza.
L'uomo è destinatario dell'opera salvifica di Dio e, nel medesimo tempo, è chiamato a collaborare con il Signore alla sua realizzazione. La seconda riflessione concerne la figura di Maria. Tutto in Lei è dono e, di conseguenza, la sua celebrazione non attenua l'opera centrale di Gesù Cristo, al contrario essa esalta l'iniziativa libera e gratuita di Dio.

(Giovanni Barberis docente di Esegesi biblica nel seminario di Fossano (Cuneo)